Troppo sale può favorire l’Alzheimer
Maggio 14, 2024
Un eccessivo consumo di sale può favorire l’insorgere della demenza in quanto influenza la proteina tau, collegata all’Alzheimer. A rilevarlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature e condotto da un team della Weill Cornell Medicine di New York che chiarisce il reale motivo alla base di questa associazione.
I ricercatori sono riusciti a dimostrare che la ridotta produzione di nitrossido da parte dei vasi sanguigni, causata dal troppo sale, influenza la stabilità della proteina tau nei neuroni. “Quando la proteina tau diventa instabile e fuoriesce dal citoscheletro provoca dei problemi”, poiché si accumula nel cervello, spiega Costantino Iadecola, professore di neurologia alla Weill Cornell Medicine.
Più nel dettaglio gli studiosi hanno stabilito che una dieta ad alto contenuto di sale aveva causato il rilascio delle molecole di interleuchina-17 (IL-17), che favorisce l‘infiammazione come risposta immunitaria del corpo. Una volta entrato nel flusso sanguigno, IL-17 ha impedito alle cellule delle pareti dei vasi sanguigni di alimentare il cervello con la produzione di ossido nitrico. Questo composto agisce rilassando e allargando i vasi sanguigni, consentendo al sangue di fluire ma se è carente può limitare il flusso sanguigno.
Un eccesso di sale nella dieta fa male ed è sconsigliato in particolare nei cardiopatici, negli ipertesi e negli epatopatici. Ma adesso una nuova ricerca pubblicata su Nature, attribuisce a questo ‘vizio’ del palato anche lo status di fattore di rischio per Alzheimer e disfunzioni cognitive. Un gruppo di ricerca americano ha infatti dimostrato che un eccesso di sale riduce la produzione di nitrossido da parte delle cellule endoteliali dei vasi cerebrali, provocando così un’ipoperfusione cerebrale, ma anche delle alterazioni chimiche della proteina tau che si accumulerebbe così in depositi patologici. Questi meccanismi, osservati nei topi, dovranno essere adesso confermati nell’uomo. Nel frattempo, il consiglio degli autori di questo studio è di limitare il consumo sale, evitando cibi processati e junk food.
Una dieta sbagliata, caratterizzata da un eccessivo consumo di sale può promuovere la comparsa di Alzheimer e di alterazioni cognitive, per un insieme di fattori di rischio vascolari. Un eccesso di sale nella dieta determina infatti un deficit di nitrossido, un potente vasodilatatore, fondamentale per la salute del cervello. Il deficit di nitrossido, oltre a determinare ipoperfusione cererbale, favorirebbe delle alterazioni chimiche della proteina tau (un’iper-fosforilazione) nel cervello; e l’accumulo di questa proteina patologica all’esterno dei neuroni rappresenta il segno patognomonico dell’Alzheimer. Ad avanzare questa nuova ipotesi è uno studio su modelli animali (topi) della Weill Cornell Medicine, pubblicato su Nature.
“La nostra ricerca – spiega Giuseppe Faraco, professore associato di ricerche nelle neuroscienze presso il the Feil Family Brain and Mind Research Institute della Weill Cornell Medicine – propone un nuovo meccanismo, attraverso il quale il sale andrebbe a determinare dei disturbi cognitivi e fornisce inoltre ulteriori prove dell’esistenza di un legame tra abitudini dietetiche e funzione cognitiva”.
Lo stesso gruppo di ricerca nel 2018 aveva già pubblicato su Nature Neuroscience una ricerca nella quale si dimostrava che una dieta ricca di sale provoca demenza nei topi. In particolare, gli animali non riuscivano più ad eseguire attività per loro abituali, quali costruire una tana, e non superavano dei test di memoria. I ricercatori americani hanno inoltre dimostrato che la dieta ricca di sale induceva le cellule dell’intestino tenue a rilasciare interleuchina-17 (IL-17), una molecola pro-infiammatoria che, entrata in circolo, impediva all’endotelio dei vasi cerebrali di produrre nitrossido, un potente vasodilatatore, che promuove un aumento del flusso sanguigno. Un deficit di nitrossido al contrario causa ipoperfusione cerebrale.
Partendo da questa base, Faraco e colleghi hanno avanzato la teoria che il sale determini demenza nei topi perché, attraverso questi meccanismi, contribuisce a ridurre il flusso cerebrale, affamando così letteralmente il cervello. Ma andando a verificare meglio le ricadute sul flusso cerebrale gli autori dello studio si sono resi conto che la riduzione del flusso ematico cerebrale non è di entità tale da impedire al cervello di funzionare normalmente.
“Abbiamo dunque pensato che potesse esserci dell’altro “, commenta Dr. Costantino Iadecola, direttore del Feil Family Brain and Mind Research Institute e professore di neurologia alla Weill Cornell Medicine. E infatti, nello studio appena pubblicato su Nature, i ricercatori della Cornell Medicine sono riusciti a dimostrare che la ridotta produzione di nitrossido da parte dei vasi sanguigni influenza la stabilità della proteina tau nei neuroni. La proteina tau è una proteina associata ai microtubuli che funge un po’ da impalcatura dei neuroni; fa parte cioè del citoscheletro, che permette il trasporto di materiali e nutrienti all’interno dei neuroni, supportandone in questo modo funzione e stato di salute.
“Quando la proteina tau diventa instabile e fuoriesce dal citoscheletro – spiega il professor Iadecola – provoca dei problemi, perché non è previsto che esista in forma ‘libera’ all’interno della cellula”. Staccandosi dal citoscheletro, la tau si accumula nel cervello, causando problemi cognitivi. Al contrario, livelli fisiologici di nitrossido, sono in grado prevenire questo fenomeno.
Per verificare ulteriormente l’importanza dell’accumulo di tau nel determinismo della demenza, i ricercatori americani hanno somministrato ai topi una dieta ricca di sale, riducendo il flusso ematico cerebrale; se tuttavia agli animali viene somministrato un anticorpo anti-tau, che promuove la stabilità della proteina tau, questo li protegge dallo sviluppo di demenza. “Questo – commenta il professor Uadecola – ci ha convinto che la cosa è veramente determinante per la comparsa di Alzheimer è la formazione dei depositi di tau e non la riduzione del flusso ematico al cervello.”
Questo studio dimostra ulteriormente quanto la salute vascolare sia fondamentale per il corretto funzionamento del cervello, ma anche che un buon flusso sanguigno contribuisce alla salute del cervello in diversi modi.
I risultati di questo esperimento sui topi non sono naturalmente estrapolabili tout court all’uomo, ma di certo dovrebbero rafforzare ancor più l’indicazione di consumare quantità limitate di sale con la dieta. “Ed è il caso di ricordare – conclude Iadecola – che quello che ci fa veramente male, non è tanto quello che esce dalla saliera, quanto il consumo di cibi processati e quello che si mangia fuori casa. Dobbiamo controllare il consumo di sale. Questo studio dimostra che una dieta troppo saporita può alterare i vasi cerebrali e innescare un terribile circolo vizioso”.
Fonte:
https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=78107
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